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Secondo l’indagine di Mercer, per le HR italiane la priorità sono i progetti di inclusione, equità e diversità, sviluppati in partnership con dipendenti e manager. Poche, tuttavia, le opportunità di upskilling e reskilling per i collaboratori
Per rispondere alle richieste di dipendenti e collaboratori, le aziende stanno ridefinendo il modo di attrarre e mantenere i talenti. Una trasformazione che coinvolge anche il mondo delle HR, impegnate ad ascoltare le esigenze di dipendenti e manager e a lavorare in partnership per avviare nuove iniziative. Spesso con obiettivi ambiziosi, la cui messa in pratica può scontrarsi con ostacoli organizzativi e culturali. E’ quanto emerge dall’edizione 2023 del Global Talent Trends di Mercer, ricerca che ha coinvolto circa 2500 esperti HR e lavoratori in 17 Paesi nel mondo, tra i quali l’Italia.
I trend emergenti a livello globale sono cinque:
la necessità di ridefinire le priorità
l’esigenza di lavorare in partnership
il perseguimento del benessere complessivo dei dipendenti
la promozione della crescita personale
dare impulso all’energia collettiva
Esaminando i dati relativi al nostro Paese, la priorità più importante per gli HR italiani è l’avvio di progetti di inclusione, diversità e equità, rispetto alle strategie per aumentare l’agilità della precedente edizione.
Nella ridefinizione delle priorità si collocano le iniziative di sostenibilità ambientale, sociale e di governance (ESG). Le aziende italiane sono impegnate in una trasformazione organizzativa in ottica ESG e nell’identificazione di un purpose chiaramente ESG oriented. L’82% delle aziende italiane dichiara di essere in grado di fornire uno standard minimo di copertura sanitaria a tutti i dipendenti in ogni sede e il 74% degli intervistati dichiara di offrire opzioni di lavoro flessibile. Tuttavia, il 76% non prevede di garantire assicurazioni ai collaboratori non dipendenti, i cosiddetti “gig workers”.
Un altro tema critico è quello delle competenze. La maggioranza delle aziende italiane ha programmato degli investimenti per incontrare i bisogni attuali e futuri di competenze: il 66% dichiara di comprendere i bisogni dei lavoratori in termini di sviluppo e il 58% di avere chiara la situazione rispetto alle competenze attualmente in azienda. Tuttavia, il 38% dichiara di non prevedere iniziative per allineare le skill con quanto richiesto dal mercato, meno della metà (47%) intende offrire l’accesso a opportunità di upskilling e reskilling a tutti i lavoratori e solo l’8% ha investito in piattaforme di Intelligenza Artificiale di analisi e generazione di insights.
Il principale ostacolo alla trasformazione HR, indicato dalla totalità degli intervistati, è il rischio relativo alla fatica lavorativa, seguito dal numero eccessivo di priorità potenzialmente dispersive (56%), l’equilibrio difficile tra trasformazione dell’organizzazione e un mindset resistente (41%), l’insufficiente capacità lavorativa, la mancanza di competenze critiche per il futuro (41%).
Il 92% degli intervistati dichiara di aver avviato iniziative per affrontare questi rischi. La prima, indicata dal 68%, è la costruzione di una cultura aziendale che metta al centro l’espressione della propria autentica identità sul lavoro. Solo un terzo dichiara di operare per una maggiore trasparenza e per programmi di educazione che insegnino ai dipendenti a comprendere i propri limiti e non superarli, pena lo stress lavorativo. Tutti gli HR intervistati sono impegnati in programmi di trasformazione, con tre obiettivi principali: trasformare il modello operativo per essere più agili, accelerare i programmi e le policy focalizzate su nuovi modelli lavorativi e garantire che le Risorse Umane abbiamo un ruolo attivo ai tavoli decisionali.
“Siamo in una fase che ci offre grandi opportunità per fare tesoro degli strumenti adottati durante la pandemia per lo sviluppo di un modello empatico dell’organizzazione: possiamo oggi modellare una nuova alleanza con i lavoratori basata su sostenibilità, resilienza e capacità adattiva”, ha commentato Marco Valerio Morelli, Amministratore Delegato di Mercer Italia. “Per garantire un ambiente di lavoro equo e giusto” occorre che le aziende italiane si ripensino completamente in ottica di rilevanza. Concretamente questo significa incorporare pratiche e processi di equità in ogni processo e in ogni funzione così da rendere l’obiettivo una scelta aziendale di tutti e non solo una ‘aggiunta di marketing'”.
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